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Giuseppe Arcimboldo ritrattista fantasioso

Oggi vi raccontiamo la storia di Giuseppe Arcimboldo, ritrattista unico nel suo genere e nelle sue opere.

Ricordiamo che nel Rinascimento trionfava una concezione classica dell’arte, fondata sull’imitazione delle armonie della natura, col Manierismo si ha una svolta. Fissato come inizio convenzionale il 1520, data della morte di Raffaello, il Manierismo si pone come stagione in cui l’artista non tende più al bello come imitazione, ma all’espressivo.

Una tendenza al bizzarro, allo stravagante e al deforme, come nelle figure di fantasia proprio dell’Arcimboldo.

Chi era Giuseppe Arcimboldo

Giuseppe Arcimboldo- The Web Coffee

Pittore italiano, passato alla storia (dell’arte) per il suo modo bizzarro di ritrarre i suoi committenti. Nelle sue celebri “teste composte”, l’artista sfruttava infatti oggetti inanimati (ortaggi, frutta, libri) per riprodurre teste e volti.

Oltre che un abile artista era un uomo di cultura, con una passione per i significati simbolici nascosti dietro le immagini

Arcimboldo iniziò la sua attività come maestro di vetrate nel duomo insieme al padre intorno alla metà del XVI secolo

Proprio dalla conoscenza di questa tipologia d’arte gli venne la passione per l’intarsio e per i colori freddi e vivaci.
Nel 1558 fece cartoni per una serie di arazzi ancora esistenti nel duomo di Como.

Giuseppe Arcimboldo a Praga

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Nel 1562 fu chiamato a Praga da Ferdinando I, dove fu successivamente protetto dagli imperatori Massimiliano II e Rodolfo II, che lo nominò conte palatino nel 1591.

Si specializzò nella produzione di figure umane composte di oggetti e di prodotti della natura, ripercorrendo parzialmente la tradizione delle caricature leonardesche.

Tutti ricordano Giuseppe Arcimboldo per le sue “teste composte”, in cui gli oggetti inanimati vengono aggregati per dare forma a volti umani. La scelta degli oggetti non è casuale, per Arcimboldo infatti ogni elemento della composizione aveva un valore simbolico.

Esemplare a questo proposito è il ritratto noto come Il bibliotecario (1566) in cui l’artista ritrae il suo committente usando, appunto, dei libri. Si trattava di un modo per comunicare allo spettatore informazioni sul soggetto dell’opera.

Le opere più famose di Giuseppe Arcimboldo

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Le sue opere più celebri sono in effetti le otto tavole di contenute dimensioni raffiguranti, in forma di ritratto allegorico, le quattro stagioni (PrimaveraEstateAutunno e Inverno) e i quattro elementi della cosmologia aristotelica (AriaFuocoTerraAcqua).

Il culmine dell’immaginazione nella rappresentazione delle Stagioni e degli Elementi lo ritroviamo nel ritratto di Rodolfo II in veste di Vertumno, dio delle stagioni.
Il dipinto racchiude le allegorie delle prime metamorfosi di Arcimboldo in un’unica immagine, in cui si scorgono i frutti e i fiori di ogni stagione chiara allusione a un’eterna primavera.

Molti pittori tentarono di imitare le sue opere creando non pochi problemi nell’esatta identificazione del suo catalogo.

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Arcimboldo operò prevalentemente negli anni del Manierismo ma le sue opere, per il loro carattere originale e innovativo, sfuggono ad ogni catalogazione. Dopo la sua morte venne rapidamente dimenticato, fino al Novecento quando venne riscoperto da maestri del Surrealismo come Dalì che trassero ispirazione dal suo modo di giocare con gli oggetti, modificandone il contesto per ingannare le certezze dell’osservatore

Una delle caratteristiche proprie delle opere dell’artista è l’invito a guardare oltre , di certo ci fanno incuriosire e un po’ spaventare dialogando con il bambino che è in noi.

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