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Cyberstalking: quando la persecuzione passa in Rete

Cyberstalking: la persecuzione si fa digitale. Con la pandemia da Covid-19, ma in generale negli ultimi anni, stiamo assistendo ad un vero proprio slittamento della vita quotidiana sulla Rete, con l’avanzata preponderante dei social network. Uno spaccato di vita in tutto e per tutto, che si porta dietro anche i lati più oscuri, come le dipendenze o lo stalking, che complice la “copertura” data dalla Rete, diventa ancora più persecutorio.

Cos’è esattamente lo cyberstalking? Quali sono le sue caratteristiche?

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Lo stalking digitale, o cyberstalking, è una forma di stalking che racchiude tutti quei comportamenti persecutori perpetrati attraverso il Web, indipendentemente dal fatto che vi sia un rapporto di conoscenza tra l’autore e la vittima, e mirati all’intimidazione e alla molestia della stessa.

Lo cyberstalker adotta il classico comportamento molesto, che si traduce in prima istanza ad individuare la posizione di una persona e monitorare le sue attività online e nel mondo reale: monitoraggio che può avvenire secondo varie modalità: dall’installazione di dispositivi GPS nelle auto della propria vittima, l’uso di spyware geolocalizzanti sui loro telefoni e il tracciamento ossessivo della loro attività sui social.

Comportamenti che in alcuni casi possono arrivare all’estremo, con messaggi minatori attraverso mail anonime o messaggi sui social network, messa in giro di pettegolezzi maligni e false accuse, fino ad attuare il cosiddetto “revenge porn” ossia la pubblicazione contenuti sessualmente espliciti destinati a rimanere privati senza il consenso della vittima al solo scopo di denigrarla pubblicamente e molestarla.

Persecuzione digitale: chi viene maggiormente colpito? Come difendersi?

Stando ai dati ISTAT, a pagare il prezzo più alto del cyberstalking, analogamente allo stalking “reale” sono quasi sempre le donne, vittime principalmente di stalking e cyberstalking da parte di ex fidanzati / ex mariti, che il più delle volte non sono capaci di accettare la fine di una relazione o, ancora di più, che l’altra persona si sia fatta una nuova vita sentimentale. Un sentimento di odio profondo, che li spinge a comportamenti persecutorio subito al momento o dopo la separazione e che possono durare per mesi.

Una catena, che per molte donne è difficile rompere, tanto che  il 78% delle vittime non si rivolge ad alcuna istituzione per paura che la denuncia posso incrementare gli atti persecutori, ma che è possibile “allentare” adottando alcuni semplici comportamenti per difendersi dai cyberstalker, a cominciare dal potenziare le impostazioni di privacy, in particolare sui social network, utilizzare mezzi sicuri per la trasmissione di informazioni importanti (ad esempio, se dobbiamo inviare un numero di telefono ad un amico/a, utilizzare il semplice SMS piuttosto che un post su FB o Ig).

Un altro comportamento sicuro che si può adottare è quello di lasciare in bianco le informazioni facoltative,come ad esempio data di nascita o luogo di residenza

Cyberstalking: cosa dice la legge italiana?

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Dal punto di vista giuridico, il reato di cyberstalking ricade sotto il profilo di atti persecutori, regolato dall’art. 612-bis c.p, introdotto con la L. 23 aprile 2009 n. 39:

chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per lincolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Reato che secondo il comma 2 della stessa legge, si aggrava nel caso in cui la condotta persecutoria venga attuata  dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”

Secondo una sentenza della Suprema Corte, inoltre, “le vessazioni perpetuate nel virtuale mondo del Web devono ritenersi penalmente rilevanti in egual misura a quelle nel mondo reale”.

 

 

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