Mascolinità tossica nel cinema: quando l’essere forte può diventare un problema. La serata degli Oscar a distanza di giorni fa ancora parlare di sè, per l’episodio che ha coinvolto Chris Rock e Will Smith (per il quale quest’ultimo rischia addirittura la revoca della statuetta vinta come miglior attore per il film Una famiglia vincente – King Richard; un gesto che ha indignato senza alcun dubbio, ma che da molti è stato visto come una forma di quella che viene definita “mascolinità tossica”. Una tematica estremamente delicata, di cui non si parla abbastanza, ma che anche il cinema ha affrontato mettendola a nudo e sensibilizzando il pubblico.
Mascolinità tossica nel cinema: due parole sull’argomento
Quando si parla di “mascolinità tossica” si fa riferimento ad «un insieme di comportamenti e credenze che comprendono il sopprimere le emozioni, mascherare il disagio o la tristezza, il mantenere un’apparenza di stoicismo, e la violenza come indicatore di potere (pensate al comportamento da ‘uomo duro’)». Una serie di “regole non scritte” che portano la maggior parte degli uomini a mantenere determinati atteggiamenti, come la durezza o il senso del potere, nascondendone altri non considerati “virili”, come sensibilità, debolezza e fragilità.
Una concezione distorta e sbagliata, tanto che il mondo dello spettacolo e della moda si sono fatti paladini di una battaglia per abbattere questi stereotipi. Un tema, quella della mascolinità tossica, che anche il cinema ha affrontanto sotto vari aspetti.
Mascolinità tossica nel cinema: 4 titoli che aiutano a riflettere
Il potere del cane (2019)
“Gli abusi e il divario (tra generi) non vengono riconosciuti adeguatamente. Dovremmo provare a fare quello che fa il film, ovvero esaminare il motivo alla base del comportamento oppressivo per sistemare il modo in cui agiscono gli uomini“.
Con queste parole l’attore Benedict Cumberbatch espose il messaggio del film, nel quale interpreta un proprietario di ranch crudele e dispotico, atteggiamento che fa sì che venga temuto da tutti. Una durezza eccessiva, frutto dell’educazione ricevuta dal suo mentore Bronco Henry, ma che si ripercuote sulle persone a lui più care, dal fratello, uomo gentile e di buon cuore, che subisce passivamente il suo comportamento scontroso e offensivo, alla cognata, fino al nipote acquisito Peter. Un comportamento che lo porterà, inevitabilmente, alla sua distruzione, psicologica e non solo.
Joker (2019)
La sua uscita cinematografica era stata circondata da non poche paure scatenando un enorme dibattito, dentro e fuori il mondo del cinema, perchè il capolavoro di Todd Phillips ispirato alla storia di Arthur Fleck alias Joker, il più acerrimo tra i nemici di Batman (che ha il volto di Joaquin Phoenix), affronta tematiche non tanto leggere, dalla cultura “incel” alla violenza armata fino appunto alla mascolinità tossica, che si riflette nel percorso vendicativo e negli atteggiamenti sadici del protagonista, che rappresentano un conforto a tutte le delusioni romantiche subite.
Storia di un matrimonio (2019)
Capolavoro di Noah Baumbach, con Adam Driver e Scarlett Johansson, questo film affronta la tematica della mascolinità tossica da un diverso punto di vista, focalizzando su quelle fragilità che l’uomo dovrebbe nascondere a tutti i costi, ma che nel caso del protagonista (frustrazioni represse derivanti da infanzia abusiva e che si ripercuotono sul rapporto con la moglie) alla fine vengono a galla.
Irishman (2019)
Capolavoro di Martin Scorsese, che ripercorre la storia di Frank Sheeran, veterano di guerra e camionista, che diventa in seguito un sicario al soldo della malavita di Filadelfia e assoldato per uccidere il popolare sindacalista Jimmy Hoffa. Un passato, quello di guerra, che influenza fortemente il protagonista, soprattutto nell’educazione della propria famiglia, fortemente patriarcale che sfocia talvolta nella violenza, e che lo porta ad un’inevitabile solitudine.