La Corea del Sud è sempre più al centro della cultura pop occidentale. Abbiamo già potuto ammirare film di grande prestigio come Parasite o serie tv diventate iconiche. Una su tutte: Squid Game.
Anche nel mondo della musica, la Corea si sta mettendo in mostra la sua Hallyu, l’ondata, grazie ad un genere unico e facilmente riconoscibile: il K-Pop.

In Italia ne abbiamo avuto in primo assaggio nel 2012, quando sulle spiagge italiane spopolò il fenomeno PSY, con la sua Gangnam Style. La discografia coreana, per fortuna, non si riduce solo a questo cantante, ma sempre più fenomeni virali stanno emergendo come bandiere e rappresentanti del K-Pop nel mondo.

Che cos’è il K-Pop oggi? Come funziona la sua industria?

E’ sbagliato, ad oggi, credere che con il termine “K-Pop” ci si riferisca solo alla sfera musicale. Sì, le canzoni restano il focus attorno a cui ruota l’intera industria, ma attorno ad esse si sviluppano una vastissima serie di figure professionali, atte a migliorare l’esecuzione e la pubblicizzazione.

E’ il caso dei trainer, veri e propri esperti a cui i cantanti si affidano per allenarsi, oppure gli specialisti che permettono di affinare l’arte del ballo. Altrettanto importanti sono le doti attoriali e di dizione, fondamentali nella cultura coreana. Il K-Pop, dunque, non punta solo sull’aspetto musicale, ma si carica anche di coreografie fluide, di video realizzati a regola d’arte e produzioni degne di un lungometraggio.

I primi sprazzi di K-Pop a livello globale si sono potuti ammirare nel 2008, quando la hit “Nobody” delle Wonder Girls riuscì a sfondare pure oltreoceano. Entrò di prepotenza nella Billboard Hot 100 e il brano venne tradotto in quattro lingue differenti.

Le Wonder Girls, assieme agli H.O.T., S.E.S. e le Girls Generation sono i primissimi esponenti del K-Pop e sono coloro che, in patria, vengono riconosciuti come “first gen”. Sono passati solo quattordici anni, ma l’evoluzione è stata evidente. Ci ha pensato poi PSY, come già detto, a far esplodere il fenomeno su scala globale.

Il K-Pop oggi: la musica non è il solo focus. Tutto ruota intorno al merchandising

Importante, però, è capire come come l’industria della K-Pop lavori attorno ai propri talenti di punta. Le major, infatti, chiedono agli artisti la pubblicazione di un nuovo album ogni anno, sia esso in versione ridotta o completo. Questo avviene per fare in modo che il pubblico non si dimentichi degli idol.

Altra differenza sostanziale è la composizione dell’album. In occidente, oltre ai testi delle tracce viene incluso poco altro nei cofanetti. In Corea, spesso, i cd vengono pubblicati come se fossero dei veri e propri libri, con cartoline, poster e merchandising incluso.

Inoltre, sempre più piede stanno prendendo film e documentari sugli idol. Ad esempio, sul portale watcha è stato rilasciato il 3 gennaio 2023 “Fill in The Blank”, con quattro episodi di circa quarantacinque minuti su quattro stelle della musica coreana.

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Fill in the blanks: il documentario sugli idol della K-Pop – Fonte Instagram

Nella serie viene approfondita la vita di Q dei The Boyz, Wooyoung degli Ateez, Kim Chaewon dei Lesserafim e Hyojung delle Oh my Girl. Tutto per carpire ogni possibile segreto della loro vita, sia on, sia off stage.

Burn-out e suicidi: il lato oscuro del K-Pop

Ciò, naturalmente, causa anche dei sovraccarichi importanti. Il mondo della musica, in Corea, non si compone solo di canto e stesura, ma anche di recitazione, ballo e dizione. Un lavoro importante, che ha causato a più di un idol un burn-out da stress lavorativo.

Alcuni dei più importanti idol della K-Pop sono stati indotti al suicidio a causa delle continue pressioni esercitate nei loro confronti. E’ il caso di Jonghyun degli Shinee e Sulli delle f(x).  Il primo soffriva di un’importante forma di depressione, mentre la seconda è stata vittima di continui attacchi e minacce.

Gli standard che viene richiesto agli aspiranti idol è elevatissimo, da una cura maniacale del proprio aspetto sino a caratteristiche fisiche proibitive. Ovvio, vi sono le dovute eccezioni, ma pelle pallida, doppie palpebre e gambe lunghe sono requisiti fondamentali. L’accanimento di alcuni fan, poi, può portare a un baratro senza fine.

Gli idol di seconda generazione del K-Pop subiscono, mediamente, spinte decisamente più feroci rispetto ai predecessori. Questo avviene perché le aspettative sono sempre più alte e gli standard da fissare risultano sempre più proibitivi. Un gioco al rialzo, che obbliga le nuove leve a sforzi sovraumani pur di superare gli standard richiesti.

Cosa possiamo far nostro del K-Pop e cosa sarebbe meglio tralasciare

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La K-Pop in l’Occidente – Fonte Instagram

La realtà patinata e brillante che viene esposta ai media è solo una faccia della medaglia. Il K-Pop non fa nulla per nascondere il proprio lato oscuro, anzi. I fans di tutto il mondo sono consapevoli di ciò che accade e alcune delle tematiche affrontate sono argomenti di dibattito sui social e nei forum.

In patria ci si interroga su cosa si possa fare per limare gli aspetti negativi mentre l’Occidente fissa con curiosità questo fenomeno. In dote, questo stile porta spettacolarità, eterogeneità artistica e, soprattutto, innalzamento degli standard qualitativi. D’altro canto, le pressioni a cui vengono sottoposti gli artisti sono eccessive, sotto ogni punto di vista.

Il K-Pop, dunque, rappresenta il futuro dell’industria musicale, una moda passeggera o un fenomeno di massa destinato a restare impresso, ma isolato? Lo scopriremo solo vivendo e ascoltando.

 

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