Nella notte di San Lorenzo si è spenta Michela Murgia. All’età di 51 anni, vinta dal cancro, se ne è andata una delle figure più iconiche della nostra contemporaneità.
Michela Murgia nasce a Cabras, in Sardegna, terra tanto amata ed odiata, di cui ne fatto trasparire le sfumature attraverso le sue opere (come Accabadora, racconto di una visione anni 50 di una Sardegna in cui emergono tematiche come eutanasia e adozione), attraverso il suo modus operandi. Fuggita infatti da un padre violento e da una casa che le stava stretta, Michela Murgia ritrova sé stessa “La fuga non è mancanza di coraggio. La fuga a volte è l’unico modo che hai di essere viva. Per me è stato questo“.
Il suo essere viva si concretizza nella realizzazione di opere di spessore, come Il Mondo deve sapere, una versione satirica del mondo del telemarketing che denuncia soprusi e sfruttamento psicologico dei lavoratori e viene rappresentato cinematograficamente in Tutta la vita davanti. Michela Murgia è stata scrittrice, drammaturga non soltanto tra le sue pagine scritte o nelle rappresentazioni teatrali, lo era nella vita.
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è considerata ancora la più sovversiva (Michela Murgia)
Esponente dell’attivismo a favore del femminismo, amava parlare, lasciare tracce di sé con le sue potenti frasi divenute nel corso del tempo quasi dei motti alle generazioni future, uno spiraglio di luce di questo mondo infame, con i suoi travestimenti frivoli che esaltavano la sua personalità eccentrica, il suo essere queer nell’animo, un’artista la cui arte era ritenuta in grado di “far vedere i fili nascosti tra le cose e le persone“.
Nonostante le critiche e le opposizioni non ha mai smesso di lottare, per coloro che non hanno ancora oggi il giusto diritto di parola, il giusto peso nella società, per sé stessa, il cui cancro a ciel sereno ha spezzato la sua vita, un cancro visto non come nemico da distruggere ma come compagno della sua complessità. “Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. La guerra presuppone sconfitti e vincitori; io conosco già la fine della storia, ma non mi sento una perdente”.
Si è spento ora, questo faro contro il patriarcato, le ingiustizie, si è affievolita la sua voce che voleva metterci in guardia; rimane però guida, stella polare che non ha mai perso l’autocontrollo, neanche nell’amore “Perché c’è una quota di perdita di controllo nell’innamoramento che ti fa fare casini.
Eppure ha amato tanto e si è fatta amare, il mondo social infatti piange ed impazza per la sua scomparsa e tristi rimangono il marito Lorenzo e i suoi figli dell’anima, uno dei quali (Francesco Leone) la saluta dicendole: “Camminiamo verso altre notti insonni a raccontarci i segreti, a immaginare nuovi orizzonti, a prenderci cura delle persone che amiamo. Benvenuta nella nostra nuova vita. Bentornata a casa, Shalafi amin“.