Il cantautore Daniele Silvestri è uno dei cantautori più sottovalutati e più impegnati della musica nostrana. Vediamo perché.
In Italia sosteniamo spesso che la musica non sia al passo coi tempi, che le canzoni siano ripetitive e che i fenomeni social occupino sempre maggiore rilievo nei programmi tv e nelle classifiche streaming. Per quanto questa tendenza sia sempre più un dato di fatto, ci sono degli autori tremendamente bravi, impegnati socialmente e politicamente e che di rado vengono considerati dal grande pubblico. O meglio, la maggior parte delle volte vengono persino fraintesi.
Questo Sanremo 2024 ha visto il trionfo di Angelina Mango, ma hanno goduto di grande rilievo mediatico per le loro battaglie sociali Ghali e Dargen D’Amico. In altri tempi, il ruolo di questi due big della musica italiana veniva interpretato da Daniele Silvestri.
Un gigante della musica italiana
Daniele Silvestri, secondo la mia modesta opinione, è uno degli artisti più brillanti e capaci del panorama italiano e, allo stesso tempo, uno di quelli più fraintendibili in assoluto. Apertamente di sinistra, l’autore romano ha diverse volte espresso pensieri e ideologie politiche nei testi delle sue canzoni.
Nonostante le sue posizioni, condivisibili o meno, i brani risultano diretti e non si perdono in fronzoli o giri di parole. Ha una grande chiarezza espositiva, evidenziata da un costante affiancamento di concetti ed immagini. A volte parla per metafore, ma sono figure retoriche esposte alla luce del sole.
Quello che riesce a fare in più Daniele Silvestri, rispetto ad altri autori, è comunicare anche attraverso il ritmo musicale il proprio stato d’animo. Idee, pensieri, sensazioni ed emozioni non sono accompagnati solo dalle parole, ma anche dalla sperimentazione strumentale che diventa un’espressione aggiunta. Un rafforzativo.
Per questo, Daniele è in assoluto uno dei profili di punta del panorama nostrano.
Salirò – Daniele Silvestri
Mi è già capitato di ripensare, recentemente, a “Salirò”, brano del 2004 che ha consacrato il cantautore al grande pubblico. In particolare, ciò si è verificato in occasione del festival di Sanremo 2023. Il brano, infatti, è stato ben interpretato da Colla Zio e da Dito Nella Piaga.
Non è stato l’arrangiamento a scatenare la mia ira funesta (cit.), ma la presentazione che Amadeus ha fatto del brano. Il conduttore, infatti, ha parlato di una canzone allegra, accompagnata da un ballo caratteristico. Nulla di più lontano dalla realtà.
Salirò è una canzone nevrotica, con continui cambi di ritmo ed un bridge lunghissimo, decisamente atipico per la musica italiana. La melodia, infatti, si compone per la maggior parte del tempo di toni minori, che accompagnano in maniera adeguata un testo tutt’altro che allegro.
A distanza di ventuno anni, infatti, molti non hanno ancora capito che “Salirò” è un brano che parla di depressione. Non mi dilungherò oltre, perché ho intenzione di approfondire l’argomento in un altro articolo.
Gino e l’Alfetta
Sorte decisamente migliore è toccata a “Gino e l’Alfetta”, brano che è stato selezionato come colonna sonora del gay pride del 2007. La tremenda fatica nel riconoscere sé stessi e il dubbio amletico che accompagna il testo hanno condannato il brano alle retrovie delle classifiche nazionali.
La canzone, infatti, può essere annoverata tra i pochissimi flop commerciali di Daniele Silvestri: non è mai entrata nemmeno nella top 20 italiana. Troppi dogmi nel Bel Paese, troppo bigottismo e una nazione che continua a guardare al passato con nostalgia.
Daniele Silvestri ha dimostrato, con questo brano, di essere in anticipo su certi temi di almeno dieci anni, rispetto a colleghi e politici. Giusto per fare un esempio, il DDL Zan, che doveva prevenire determinati atteggiamenti discriminatori, è stato discusso e affossato nel 2021, ben quattordici anni dopo rispetto all’uscita del brano.
Meritevole di menzione è la grande capacità di Daniele Silvestri di immedesimarsi all’interno di questo dramma esistenziale, in cui la voce narrante del brano vive a metà strada tra Maria, l’unica possibile, e Gino, il collega che lo conquista e lo rilassa. Alla fine, il narratore non solo riuscirà ad accettare sé stesso, ma riuscirà a porre l’attenzione sul modo in cui gli omosessuali vengono visti da una società che li continua a stigmatizzare.
Argentovivo
Tra i brani citati, Argentovivo è il più recente di Daniele Silvestri. Scritto a sei mani con Rancore e Manuel Agnelli, è stato presentato al Festival di Sanremo del 2019, conquistando il premio della critica Mia Martini. Quest’anno, per capirci, il premio è andato a Loredana Bertè.
Nel brano si parla di carcere già nei primi versi, ma non è questa la tematica centrale del brano. Ad un secondo ascolto, o a una più attenta analisi, si può leggere la metafora oltre alla quale è andato il cantautore romano.
Daniele Silvestri, infatti, parla della prigione non in senso fisico, ma come principio metaforico. Una gabbia da cui è difficile uscire, un modello idealizzato dalla società e che è difficile plasmare addosso alla voce narrante.
Daniele Silvestri ha questa meravigliosa tendenza nel voler trattare di determinati argomenti in prima persona, immedesimandosi nei suoi protagonisti al pari di uno scrittore. Ci riesce benissimo. Il cantautore romano, infatti, racconta tutti i drammi di un ragazzo di sedici anni che non vuole essere aggiustato.
Si vuole dare spazio a chi non ha le idee chiare. A chi, da adolescente, non sa che fare della propria vita e forse non ha nemmeno avuto la possibilità di scoprire ciò che lo rende felice. Non è integrato nei meccanismi, negli ingranaggi, e per questo scappare può diventare l’unica soluzione possibile. Probabilmente questa descrizione calza a pennello alla maggior parte dei millennials. La Gen Z, nati dopo ma arrivati prima, ha capito perfettamente cosa fare della propria vita.