Chiunque desiderava una fotografia degli anni più iconici vissuti dalla nostra generazione è stato accontentato.
“Hanno ucciso l’uomo ragno”, la serie Sky Original diretta da Sidney Sibilia, è la perfetta fotografia degli anni ’90. Permette ai giovanissimi che non hanno vissuto questa epoca di accedervi dal portone principale. Per i quarantenni è un netto tuffo nel passato. Per noi millenials è la scia di un’epoca luccicante che abbiamo toccato solo di striscio.
Un racconto reso possibile attraverso gli occhi di due ragazzi, Max e Mauro, oggi conosciuti come i leggendari 883. Semplici liceali, invece, nel 1989, vero start di questa storia. Raf cantava in radio “Cosa resterà di questi anni ’80”, la guerra fredda stava per chiudersi con il crollo dei muri, fisici e metaforici, e i ragazzi osavano sperare.
Hanno ucciso l’uomo ragno: la storia di Max e Mauro
La serie racconta le vicende di Massimo Pezzali, in arte Max, un liceale che ha perso un anno di liceo a causa del suo folle amore per la musica punk. Una passione scoperta quasi per caso, grazie a una serie di congiunzioni astrali denominate “la teoria di Lello”. Una sola cassetta, probabilmente, basta per cambiare una vita.
Una volta trovatosi in una nuova scuola proprio a causa dell’incidente di percorso, conosce Mauro Repetto, il biondino, in realtà castano chiaro: un giovane ed esuberante sognatore, che non si accontenta mai. La pacatezza di Max si amalgama con l’ottimismo di Mauro: la formula perfetta per un successo irripetibile.
Il contorno è quello della provincia italiana. Pavia come Padova, come Latina, come Reggio Calabria. Cambiano gli scenari, ma non la sostanza. In una vita che diventa un inno alla noia, i due giovani provano a tirarsi fuori attraverso la comune passione della musica. Il tutto grazie ad una tecnologia che noi, ad oggi, consideriamo superata. Per l’epoca, le batterie elettroniche erano l’equivalente delle Reflex o delle GoPro: strumenti indispensabili per chi volesse confrontarsi con il top dell’epoca.
Hanno ucciso l’uomo ragno: una serie realistica e che racconta perfettamente la periferia degli anni ’90
Centrale, all’interno di questa serie, è stato la forte impronta realistica e nostalgica che il regista ha voluto dare a quegli anni. Sibilia è riuscito a creare una perfetta cornice, dove i sogni dei protagonisti diventano allo stesso tempo trama, struttura e colonna sonora. “S’inkazza” non è solo un brano di passaggio, ma è la perfetta atmosfera che si respira in casa Pezzali. “Non me la menare”, poi, è un vero e proprio grido, e non si può spoilerare troppo a chi non ha ancora visto la serie.
Nonostante i forti richiami al passato e la perfetta ambientazione anni ’90, “Hanno ucciso l’uomo ragno” gode di una trama fresca e moderna. Nessun personaggio è stereotipato, anzi. Si muove perfettamente all’interno del proprio contesto, fedele a sé stesso e necessario per lo svolgersi delle vicende. La regia non spreca nemmeno un minuto, nessun cut è inutile o fine a sé stesso. Tutto è necessario per portare i due ragazzi di fronte a Claudio Cecchetto.
Il mentore, il talent scout, il padrone di Radio Deejay. Claudio Cecchetto, tra i tanti personaggi contenuti in questo micro cosmo, è forse quello meno fedele all’originale secondo il parere dei forum online. In realtà, si sposa perfettamente con i tempi e con i contesti narrati. Un uomo all’avanguardia, capace di intuire le mode e sempre pronto a prendere la palla al balzo. Un uomo che non ha nessuna paura di scommettere.
Cosa resta di questa serie alle nuove generazioni?
Da “hanno ucciso l’uomo ragno”, le nuove generazioni possono attingere a piene mani, lasciandosi ispirare dalle atmosfere di questa serie tv firmata Sky. Viene raccontata la storia di chi è riuscito ad emergere e di chi, invece, non ce l’ha fatta, sommerso semplicemente dallo scorrere della vita. I supereroi protagonisti sono due ragazzi che hanno i propri sogni come potere.
Erano gli anni ’90, un’epoca d’oro irripetibile. Non è detto che non ne verranno altre, semplicemente belle in maniera diversa.
Soprattutto per un motivo: la provincia esiste ancora nella geografia cittadina, ma internet ha tagliato di netto le distanze tra voi e il vostro Claudio Cecchetto. Il motto, per arrivare, deve essere solo uno: dignità zero.