Pochi giorni fa chiudeva dopo solo un anno di attività O’ Naturel, il primo ristorante parigino nudista.
Cucina ottima e recensioni entusiaste ma troppi pochi clienti disposti a consumare una cena completamente in deshabillé.
È una curiosità come un’ altra eppure emblematica se pensiamo ad un’Europa che negli ultimi 50 anni si sta dimostrando sempre più aperta ai cambiamenti e a nuove forme di libertà inesplorate.
E allora perché O’ Naturel, come diversi altri pionieri del settore, ha chiuso?
Ci sarebbe da chiedersi se il nudismo sia un passo verso la liberazione dai pregiudizi e l’accettazione della natura umana o, come probabilmente percepito nel caso del ristorante, una forma inopportuna ed eccessiva di esibizionismo.
Il nudismo di per sé è la pratica della nudità. Può essere legato al puro diletto, quindi praticato maggiormente in zone balneari o turistiche nella stagione estiva, oppure può essere una componente non trascurabile del naturismo, un movimento fondato sulla riscoperta della natura e dei suoi valori.
Quest’ultimo rivolge la propria attenzione a quelle che sono le origini della specie umana impegnandosi a rispettare l’ambiente e gli esseri viventi, facendosi portavoce di uno stile di vita sana e conforme all’ecosistema.
Spesso i due termini vengono confusi come se si trattasse dello stesso fenomeno, in verità il nudismo non implica il naturismo ma viceversa. Quindi uno é una dottrina, l’altro un vizio.
È strano, a tratti contradditorio, il rapporto che l’uomo occidentale ha sviluppato con il proprio corpo. È lo stesso che da una parte guarda ammirato la Venere di Botticelli ma che davanti ad una accusa di stupro chiede “ma lei come era vestita?”, che copre gli occhi ai bambini davanti alle scene di sesso ma che li lascia vagare su instagram, social soft porn per eccellenza.
Il problema non è strettamente legato al corpo in quanto tale o alla morale, piuttosto una questione di definizioni e di linguaggio.Almeno negli ultimi anni il nostro rapporto con l’esposizione del proprio e dell`altrui corpo è fortemente cambiato.
Siamo molto più aperti ad accogliere la nudità di per sé ma abbiamo la consapevolezza che, a seconda del contesto in cui ci troviamo, incorriamo nell`etichetta sociale.
Per fare un esempio: posare per un ritratto fa del nudo un oggetto d’arte, scoprire in parte le forme una provocazione, mangiare senza vestiti probabilmente una perversione. Il confine tra il lecito e lo sporco è sottile e usare la propria nudità nel contesto pubblico una questione delicata.
Chissà se allora, presto o tardi, ci sentiremo mai pronti a sederci ad un tavolo “come mamma ci ha fatti” circondati da estranei senza sentirci terribilmente fuori luogo.
Comunque, nell’ attesa, l’importante rimane sempre e solo mangiare.
Autrice: Morgana Meli