Marie Colvin è stata una delle più note e coraggiose reporter di guerra. La sua storia viene raccontata nel film A Private War. Conosciamo insieme questa donna.
A molti il nome di Marie Colvin non sarà noto: si tratta di una delle giornaliste e reporter più importanti e coraggiose del mondo.
La sua storia è stata raccontata nel film A Private War del 2018, nel quale l’attrice Rosamund Pike impersona la reporter.
Marie Colvin nasce ad Astoria il 12 gennaio 1956 e visse fin da piccola a Oyster Bay, nello Stato di New York,
Inizia la sua carriera proprio a New York come reporter per la United Press International (UPI), dopo essersi laureata a Yale.
La sua visione del futuro e della vita fu influenzata dai grandi eventi storici, come la guerra in Vietnam e lo scandalo del Watergate, ma anche dagli articoli della corrispondente di guerra Gloria Emerson e dal pensiero filosofico di Hanna Arendt.
Nel 1984 diventa capo del bureau di Parigi dell’UPI per poi trasferirsi l’anno successivo al Sunday Times.
Dal 1986 fu la corrispondente del giornale in Medio Oriente e dal 1995 lo fu per gli Affari Esteri. È stata anche la prima giornalista donna ad intervistare Gheddafi dopo l’inizio dei bombardamenti in Libia da parte degli Stati Uniti.
La Colvin, nonostante le insistenti avances di Gheddafi, rimase seria e professionale, riuscendo a realizzare lo scoop che fece il giro del mondo.
Nel corso della sua carriera, si specializza nella zona del Medio Oriente e diventa corrispondente in Cecenia, Sierra Leone, Sri Lanka, Timor Est e Kosovo.
Nel 1999 le viene attribuito il merito di aver salvato 1500 donne e bambini da una zona assediata dalle forze armate dell’Indonesia: la Colvin si rifiutò di abbandonarle e rimase con un contingente delle Nazioni Unite, riportando tutto sui media.
Per il coraggio che ha dimostrato nei conflitti in Kosovo e in Cecenia ha vinto l’International Women’s Media Foundation.
Il 16 aprile del 2001, mentre era in Sri Lanka (diventando la prima giornalista ad essere riuscita ad entrare nel territorio tamil), viene colpita dall’esplosione di una granata dell’esercito e perde la vista all’occhio sinistro; da quel momento, iniziò a indossare una benda sull’occhio.
L’incidente la portò a soffrire di un disordine post traumatico da stress.
In Sri Lanka fu testimone degli utili giorni della guerra e riportò tutti i crimini contro i tamil, commessi in quel periodo.
Nel 2011, durante la primavera araba e mentre era in servizio in Tunisia, Egitto e Libia, le fu offerta la possibilità di intervistare nuovamente Gheddafi insieme ad altri due giornalisti; lei scelse Christiane Amanpour della ABC e Jeremy Bowen della BBC.
Nel febbraio del 2012 la Colvin riuscì ad entrare in Siria, ignorando i tentativi del governo siriano di non far riportare alcuna notizia sulla guerra civile dai giornalisti stranieri.
Qui, si stanziò nella città di Homs e fece diversi interventi per programmi televisivi come la BBC, Channel 4, CNN e ITN News per mezzo di un telefono satellitare.
Descrisse i bombardamenti e gli attacchi dei cecchini contro gli edifici civili e fece sapere al mondo le condizioni della popolazione che ancora stanziava in quella zona.
Pur avendo avuto molta esperienza sul campo, descrisse il bombardamento di Homs, come il peggiore che avesse mai vissuto.
Il 22 febbraio 2012 l’edificio in cui era la Colvin fu identificato mediante i segnali telefonici via satellite e fu bombardato senza pietà.
Marie Colvin muore all’età di 56 anni durante l’offensiva di Homs.
Marie Colvin ha sempre avuto un obiettivo:
“Accendere la luce sull’umanità in condizioni estreme, spinte verso l’insopportabile. Il mio lavoro è testimoniare. Non sono mai stata interessata a sapere quali modelli di aerei avesse appena bombardato un villaggio o se l’artiglieria che aprì il fuoco su di esso fu 120mm o 150mm”.
La Colvin è stata la giornalista che è riuscita, più di tutti, a resistere al centro dei conflitti, tra le piogge di granate e i disastri umanitari.
Era una donna meravigliosa, così la descrivono chi l’ha conosciuta, che sapeva essere adatta ad ogni situazione, dalla guerra in Medio Oriente agli eventi ufficiali.
La sua storia è stata raccontata nel film A Private War, con protagonista l’attrice Rosamund Pike, la quale è riuscita a dipingere un ritratto perfetto della famosa reporter.
La vita di Marie Colvin è stata una vita dedicata agli altri, a tutte le vittime innocenti della guerra.
La sua morte ha segnato la vita di molte persone e ha costretto il mondo a non voltarsi più dall’altra parte e a volgere lo sguardo verso le atrocità della guerra e dell’umanità.
Marie Colvin è stato un esempio, non solo per tutti quei giovani giornalisti che vedono in lei, ancora oggi, un modello di integrità e di dedizione al lavoro, ma anche per chiunque abbia l’obiettivo di diffondere la verità.
Per chiunque voglia approfondire la storia di Marie Colvin, consigliamo il documentario Under the Wire di Chris Martin.
Il documentario segue Marie Colvin e Paul Conroy, fotoreporter e amico della Colvin, che è stato sempre al suo fianco fino alla morte.
Under the Wire è un documentario necessario e doloroso, nel quale viene mostrato l’orrore della guerra e il dolore di quelle ferite che non possono essere rimarginate.