Raimondo Rossi, conosciuto anche come “Ray Morrison”, è un fotografo e stylist italiano famoso e amato in tutto il mondo per i suoi capolavori da dietro una fotocamera.
Gli scatti di Ray Morrison non sono meravigliosi solo per l’estrema bellezza (che non è la solita vista e stravista, quella che vedi sulle passerella e nei film) dei soggetti, ma perché in ogni foto il fotografo ci mette l’anima, e si vede!
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I protagonisti delle sue foto sono persone di ogni giorno, persone che vanno contro il solito stereotipo ricercato dai fotogiornali e dalle riviste, contro la solita perfezione, spesso anche frutto di modifiche non solo dovute a photoshop ma anche alla chirurgia, che siamo ormai stufi di vedere.
Raimondo Rossi è amato in Italia e all’estero perché riesce a toccare la sensibilità di tutti, degli amanti della fotografia, della moda, di chi invece si imbatte semplicemente in una sua foto e ne rimane estasiato.
Quando ancora era un ragazzino ha intrapreso un percorso scientifico che lo ha portato a una laurea in matematica (in cui però è comunque riuscito a fare emergere il suo lato umanistico e artistico, scrivendo la tesi in latino!), ma poi, per la fortuna degli amanti dell’arte, ha deciso di cambiare strada.
E lo staff di The Web Coffee ha avuto la meravigliosa opportunità di intervistarlo, per cui, senza perdere altro tempo, vediamo cosa il famoso fotografo ha da dirci.
Raimondo Rossi: ecco come ha risposto alle nostre domande
Per tutta la sua istruzione ha scelto percorsi scientifici, partendo dal liceo e finendo con la laurea in matematica: qual è stata la svolta o, se c’è stato, l’evento, che le ha fatto capire di essere sulla strada sbagliata, di volere altro dalla sua vita?
Buongiorno, ed innanzitutto piacere di essere qua con voi. Non c’è stato un elemento particolare, il mio ingresso nel mondo della fotografia e della moda è stato casuale.
Avevo indossato degli abiti per uno stilista emergente e avevo fatto da modello per dei video di una regista umbra; ho poi iniziato un corso di fotografia e, finito il corso, a frequentare i backstage delle sfilate di moda. Ma devo ammettere che il mio interesse per la letteratura e l’arte in generale è stato sempre presente anche durante gli studi scientifici, e avevo frequentato qualche corso di teatro e danze contemporanee. La mia stessa tesi di laurea era a metà fra matematica e storia.
So che l’“alter ego” di Raimondo Rossi, Ray Morrison, è un tributo al grande Jim Morrison: ritiene che ascoltare la sua musica, seguire il suo personaggio, abbia in qualche modo influenzato il suo cambio radicale di vita?
Credo che tutti andiamo a farci ispirare da personaggi che hanno più forza di noi nelle sfere che riguardano i nostri punti deboli. Io, nella mia adolescenza, mi sono trovato un po’ incastrato fra regole familiari e di società.
Non avevo una grande forza che mi permetteva di ascoltare le passioni al 100%, mentre una persona come Jim Morrison era stata capace di reagire con più veemenza alle regole familiari e societarie. Il padre era un generale dell’esercito americano, molto ligio alle regole e molto giudicante. Ma Morrison, a modo suo, con tanta sofferenza, aveva reagito. È forse questa la mia connessione con lui, andare a prendere quell’energia di cui avevo bisogno.
Nelle sue foto ho visto sia donne che uomini: preferisce uno dei due sessi in quanto fotografo? C’è mai stato un modello o una modella con cui si è trovato subito in sintonia, con cui, con una sola parola, riuscivate a intendere cosa l’altro volesse? Un po’ come David Bailey e Jean Shrimpton.
Non credo di avere un sesso preferito. Sicuramente mi piace ritrarre delle persone normalissime, andare contro gli stereotipi, e non andare a cercare quella bellezza imperante nella moda o nella pubblicità. La cosa che mi piace è cercare di creare una bella fotografia con semplici visi e semplici sfondi. Per esempio, Jean Shrimpton, bellissima, a me interesserebbe più ora di quando era giovane. Nei suoi anni da modella non l’avrei scelta nei miei lavori. Sarei andato a cercare altri tipi di visi.
Riguardo una persona particolare con cui mi sia trovato meglio delle altre, non credo di ricordarla. Tutte le persone hanno bisogno di qualche minuto per entrare in connessione con il fotografo, con me, e sentirsi tranquilli. Ovviamente un modello di professione riesce a essere più tranquillo prima, ma le persone che mi interessano hanno un attimo bisogno di rilassarsi, perché sono persone, a volte, che non sono mai state davanti una macchina fotografica, se non per dei selfie. È più difficile, ma è più interessante.
Raimondo Rossi, cosa vorrebbe che le sue foto trasmettessero alle persone?
Vorrei che le mie foto parlassero a chi le guarda. Vorrei che l’osservatore guardi gli occhi del modello, o della modella, ed entrasse in qualche modo in un dialogo con lui/lei. Ascoltandolo/a.
Raimondo Rossi, lei fa il fotografo a Los Angeles, ha quindi deciso di lasciare la madre patria: pensa che questa scelta, che molti giovani talenti fanno, sia stata motivata anche dal fatto che in Italia è davvero difficile sfondare in quanto si tende a preferire sempre qualcosa che già si conosce, che è analogo a tutto ciò che già siamo? O è stata solo una scelta lavorativa?
Non ho ancora lasciato la madrepatria. Sto ancora a metà fra l’Italia e Los Angeles, dove vado due volte l’anno, per periodi più o meno prolungati. In realtà ora a Marzo non sono potuto andare per il problema della pandemia che tutti sappiamo. Quello che ho notato è che all’estero c’è sicuramente una maggiore disponibilità a entrare in contatto con persone nuove, mentre in Italia si tende, in tutti campi, a rimanere nell’ambito delle persone conosciute, o per rapporti personali o per fama.
Lo stesso giornalismo tende a ripetere molto spesso articoli che riguardano un ristretto numero di persone. All’estero ho notato una apertura maggiore. Nel mio caso particolare, nel creare shootings o video a metà fra moda e arte, non è molto importante la nazione in cui mi trovo, perché il lavoro riflette un messaggio che voglio mandare, e questo non dipende molto dal posto in cui mi trovo.
Se potesse parlare con il Raimondo Rossi che frequentava il quinto superiore del liceo scientifico, cosa gli direbbe? Rifarebbe tutte le scelte che ha fatto da quel momento in poi della sua vita, o cambierebbe qualcosa?
Eh.. ahahahah. Direi che cambierei tante cose, ma questo è un classico un po’ di tutti. Tutti avremmo delle cose da aggiustare col senno di poi, ma quello che bisogna sempre fare è sistemare quello che verrà e che ci aspetta. E poi, si sa, cambiando il passato, non saremmo le stesse persone che siamo ora; quindi probabilmente non potrei dare o esprimere quello che invece riesco a fare ora. Quindi, va bene così.
Raimondo Rossi, è nel mondo della moda da abbastanza anni ormai, pensa di essere arrivato all’acme della sua carriera, o punta ad arrivare ancora più in alto di così? Se sì, quali sono i progetti che sta pianificando per il futuro?
Più che all’acme della mia carriera, credo di aver visto nella moda quello che volevo vedere. Volevo entrare agli eventi più importanti e ai backstage più importanti, e ho visto quello che succede. Ora non mi interessa più, perché vedo che le cose si ripetono ed anzi gli stereotipi che sono continuamente proposti mi infastidiscono. Quindi vorrei concentrarmi su fotografia o video, mandando messaggi utili per tutte le persone che non sono nell’ambito della moda, ma che soffrono dei messaggi che vengono inviati da decenni dal fashion system.
Lo stesso ambiente lavorativo, le persone che frequentano la moda, non rappresentano per me una fonte di ispirazione. Quindi direi che vorrei continuare per raggiungere livelli più importanti, ma più nella fotografia o nel ruolo artistico che nell’ambito della moda.
Stare su un Red Carpet è sicuramente un’emozione indescrivibile, però può descriverci cosa ha provato quando ha saputo che ci sarebbe stato?
Beh il Red Carpet è comunque quel punto di congiunzione fra la realtà e il sogno. Intendo: fin da piccolo per me il cinema era stato un ponte per poter uscire da una realtà abbastanza piccola come quella umbra. Quindi i Red Carpet erano sempre legati alla magia del cinema. Camminarci è stato un po’ una sorta di camminamento in quel ponte che connette realtà e magia.
Nella realtà poi, come nella moda, nei Red Carpet passano persone che possono essere molto meno interessanti di persone che posso incontrare a dormire fuori di una stazione ferroviaria.
C’è qualche donna, modella, personaggio del passato, che ora non è più in vita, che le sarebbe piaciuto fotografare? Se sì, chi e perché?
Credo che Marylin Monroe, con tutte le sue sofferenze, sarebbe stata interessantissima da ritrarre, in una maniera più vera di quello che è stato fatto. Sarebbe stato interessante leggere attraverso la fotografia e lo stare con lei quello che c’era dietro l’icona hollywoodiana.
Il mondo della moda è molto complicato e spesso viene anche giudicato superficiale, che privilegia soprattutto le “ragazze magre”: lei, che ne fa parte, è d’accordo con quest’affermazione? Le ragazze “curvy” sono davvero sfavorite in quest’ambito?
Sono d’accordo. Passano i decenni e si è sempre allo stesso punto. Ultimamente le ragazze curvy hanno avuto un po’ di spazio, ma sempre sporadicamente, messe lì così, per essere politicamente corretti. Lo stesso vale per i maschi, i cicciottelli sono ancora terribilmente indietro e terribilmente lasciati da parte. Così come le donne più anziane. E questa si risente nei comportamenti quotidiani, nelle scuole, nei posti di lavoro.
La bellezza nel corso dei secoli è cambiata, a volte anche drasticamente: negli anni ’90 la vera bellezza era al limite dell’anoressia mentre adesso, nel 2020, si favoriscono i cosiddetti corpi a clessidra, con vita molto stretta, sedere e seno grandi e labbra carnose: lei cosa pensa che abbia portato a questo cambiamento? E vuole provare a indovinare quale sarà il prossimo ideale di bellezza?
Sì, ci sono dei cambiamenti, ma a mio parere sono ciclici. Tante vero che Gucci nell’ultima sfilata, è tornato alla anoressia. Banale. Ci sono dei movimenti che però sono sempre relativi, così come nei capi di abbigliamento. Si tornerà sempre agli stessi, prima anoressico, poi un po’ di curvilineo, poi la clessidra. E si sta più o meno negli stessi ambiti.
Raimondo Rossi, ritiene che la location di un photoshoot sia importante quanto, più o meno, i modelli? E soprattutto, lei quale location preferisce e perché?
Beh, se si parla di ritrattistica a me piace lavorare con sfondi semplici, perché la foto è più difficile. Se una foto viene arricchita da sfondi importanti, che prendono importanza nell’immagine, la foto sicuramente diventa più facile. E quello che si vede in tante riviste di moda. Ma se si vuole parlare della persona, più la foto e spoglia e più interessante è la sfida.
Certo, se vogliamo costruire degli sfondi o usare delle location diverse o importanti, questo può creare delle atmosfere suggestive. Che possono essere utilizzati per trasmettere dei messaggi. Se devo scegliere di costruire un video o un servizio fotografico scegliendo delle location, a me piace molto raccontare la realtà, quindi sceglierei delle ambientazioni in abitazioni di vario tipo.
Non amo affatto shooting che vengono realizzati per mettere capi d’alta moda in cima un monte, nelle praterie, o nell’Antartide. Li trovo semplicemente un’immenso spreco di di soldi che va costruire un’immagine che non ha nulla di profondo. Così come non amo la fine art, e le immagini lavorate al Photoshop. Un po’ come negli abiti, pochi ingredienti, e buoni, sono per me i più interessanti.
Grazie a The Web Coffee per questo bel colloquio e per queste domande intime e belle, un abbraccio e a presto.
Ringraziamo Raimondo Rossi, in arte Ray Morrison, per averci concesso questa intervista.