È possibile trasformare la pubblicità in arte? Chi mi conosce sa già quale sia la mia risposta! Prendo spunto per raccontarvi la vita di uno dei grandi artisti dell’Art Nouveau, e dei suoi bellissimi ritratti di donne su manifesti e locandine: Alfons Mucha.
Chi era Alfons Mucha
Alfons Mucha è stato in grado agli inizi del Novecento, di trasformare in opere la promozione di spettacoli e prodotti, portando l’arte nelle strade, appesa ai muri delle case o tra le pagine dei giornali.
Le donne che campeggiano sulle sue locandine sono diventate icone dell’Art Nouveau.
L’artista Ceco Alfons Mucha è stato un pittore e uno scultore tra i principali esponenti dell’Art Nouveau comunemente chiamata in Italia “Stile Liberty”.
Le bellissime donne ritratte nelle sue opere, dal sorriso radioso e sensuale, sono considerate una vera e propria icona della Belle Epoque.
Alfons Mucha e l’arte
Aveva 18 anni quando approccio al mondo dell’arte, era il 1878 quando si traferì a Vienna.
Per studiare e per mantenersi agli studi cominciò a realizzare scenografie teatrali per la compagnia Kautsky-Brioschi-Burghardt.
L’8 dicembre 1881 fu il giorno che sancì il suo inevitabile allontanamento dalla compagnia: il Teatro venne colpito da un incendio che lo devastò, nel rogo morirono 449 persone.
Iniziò allora a lavorare come ritrattista nel piccolo paese dove venne notato dall’influente conte Eduard Khuen-Belasi che , impressionato dal suo talento , decise di assegnargli la decorazione di alcuni suoi castelli.
Alfons Mucha e Parigi
Nel 1885, grazie al supporto e la stima del conte, l’artista riuscì a iscriversi alla prestigiosa Accademia delle belle arti di Monaco di Baviera per poi trasferirsi a Parigi per completare gli studi all’Académie Julian.
Nella capitale Francese vivevano i più grandi artisti dell’epoca, tra i quali Paul Gauguin, con cui Mucha strinse una forte amicizia.
Fu negli anni vissuti a Parigi che Mucha cominciò a diventare famoso come illustratore per riviste pubblicitarie.
Se quali Paul Gauguin fu un importante incontro per Musha, altrettanto importante fu quello nel 1894 con l’attrice Sarah Bernhardt, che ritrasse in un manifesto teatrale per il dramma Gismonda.
L’attrice rimase estasiata dal lavoro di Mucha a tal punto che decise di stipulare con l’artista un contratto di 6 anni (1895-1900) durante il quale l’artista realizzò altre sei locandine che avevano per protagonista la Bernhardt.
Fu questo il trampolino di lancio per l’artista che in poco tempo ottenne commissioni per la creazione di manifesti pubblicitari per le più importanti aziende dell’epoca (Nestlé, Moët & Chandon ecc.).
Nel 1901 l’artista ricevette la Legion d’Onore, la più alta onorificenza della Repubblica Francese.
Il periodo americano
Nel 1904 Alfons Mucha decise di partìre per New York, in quell’occasione ci rimase solo per 3 mesi, ma tra il 1905 e il 1910 tornò in America più volte.
Al rientro dagli Stati Uniti, dal 1911 iniziò a creare il suo capolavoro: L’epopea slava, l’opera venne completata nel 1928 e rappresenta il profondo legame tra l’artista e la sua patria.
Una serie di venti grandi tele (6×8 metri) che raccontano la storia dei popoli slavi.
Gli ultimi anni di vita di Alfons Mucha
Quando in Europa arrivò il nazismo e nel 1939 l’esercito di Hitler conquisto la Cecoslovacchia Alfons Mucha era ormai settantanovenne, ma il suo amore per la sua terra non venne tollerato.
Fu così che la Gestapo arrestò l’ormai noto pittore sottoponendolo ad un pesante interrogatorio, prima di rilasciarlo.
L’artista morì pochi mesi dopo, stroncato da un’infezione polmonare.
A mio personale giudizio l’opera che più racconta l’eccezionale bravura dell’artista fu realizzata nel 1896: Le quattro stagioni.
Qui è riconoscibile tutta la sua eleganza della decorazione e la sua innata sensibilità nel ritrarre donne di una bellezza eterea ma al nello stesso tempo dotate di una palpabile sensualità.
Sono felice di aver creato un’arte per le persone e non per i salotti privati. Un’arte economica, accessibile al grande pubblico, che trovava casa sia nelle famiglie povere che negli ambienti benestanti.
(Alfons Mucha)