Il Medioevo pullula di storie sui draghi tanto da essere considerati i mostri più famosi dell’immaginario popolare. Dietro questi esseri spaventosi però si nascondono significati religiosi e morali.
Perchè nel Medioevo c’erano molte storie sui draghi? I racconti più famosi
Al giorno d’oggi associamo i draghi al Medioevo. Immaginiamo questi lucertoloni che sputano fiamme seminando il panico tra i villaggi e le città e rapendo fanciulle. Fa altrettanto parte dell’immaginario il loro nemico naturale, il cavaliere coraggioso, che li affronta e, dopo un combattimento accesissimo, li sconfigge liberando tutti dalla minaccia.
Questi racconti, come altri con protagonisti diversi mostri, sono resistiti fino ad oggi e li leggiamo per intrattenerci. Ma anche nell’Età di Mezzo queste storie sono state fatte per divertimento? In realtà no.
Draghi e compagnia sono visti nella cultura medievale come strumenti per insegnare alle persone valori religiosi e morali, cosa non si deve fare e mettere in guardia dalle minacce del Diavolo e del male che gli esseri umani possono farsi tra di loro.
In particolare, i nostri esseri alati e sputafuoco nella mente di qualsiasi persona di mille anni fa sono stati percepiti, secondo lo storico Scott Bruce, come nemici dell’umanità e agenti del demonio.
Alcuni esempi di storie medievali sui draghi
Data la natura religiosa di queste storie non stupisce che molte di queste vedano come protagonisti santi e religiosi piuttosto che avventurieri.
Venanzio Fortunato, poeta e vescovo francese vissuto nel VI secolo d.C., parla di un tale Marcello, vescovo di Parigi, che ha cacciato dalla città un dragone colpevole di aver mangiato il corpo di una nobildonna peccaminosa. Il vescovo, dopo aver colpito tre volte il mostro sulla testa, lo conduce al guinzaglio per la città fino ad una foresta dove non avrebbe più nuociuto a nessuno.
Questo mostro è una creatura della foresta, elemento che nella cultura medievale è visto come misterioso e carico di spiriti sovrannaturali maligni.
Un’altra storia, raccontata questa volta dallo storico bizantino Michele Psellos nell’XI secolo, vede come protagonista Santa Marina. Imprigionata e torturata da un funzionario romano, la donna viene inghiottita da un demone sotto le mentite spoglie di un drago. Tuttavia, grazie alla sua devozione, quando Marina fa il segno della Croce squarcia e uccide il drago mentre la stava mangiando.
Il drago che affronta Santa Marina mostra come in quell’epoca i demoni sono rappresentati in forme diverse da quelle più “canoniche”.
Infine la narrazione più famosa e rappresentata di tutte è quella di San Giorgio. Lui è un militare vissuto nel III secolo d.C. che ha ucciso un drago in Libia, all’epoca provincia dell’impero romano.
Questa leggenda ha avuto un’eco molto ampia tra i Cristiani tanto che la sua impresa, che in origine significava la vittoria del Cristianesimo sui pagani, è stata usata per parlare della cavalleria in Occidente e delle lotte contro i musulmani. Non a caso San Giorgio è stato molto invocato dai Cristiani che hanno conquistato Gerusalemme nel 1099.
Ognuno di questi racconti, agli occhi delle persone dell’epoca, mostra un pericolo che è considerato quotidiano e che si frappone tra essi e la salvezza eterna. Insomma, se da parte dei moderni, queste possono essere viste come storie per intrattenere e spaventare, per i medievali sono pensate per mettere in guardia il prossimo dai pericoli che l’ambiente che lo circonda gli pone.
Venanzio, ad esempio, mostra cosa accade ai peccatori che vengono perseguitati anche dopo la morte per le loro colpe. Mentre in Psellos il drago incarna il pericolo posto alla santa dal funzionario che vuole violentarla. In ultimo San Giorgio e il suo drago rappresentano i pericolo che si nascondono al di là dei confini del mondo civilizzato (ovviamente secondo i medievali).
I mostri e le paure sono collegati ancora oggi?
L’immaginario degli uomini dell’età medievale legato ai mostri e alle paure non deve essere considerato così lontano da noi. Nel XXI secolo i mostri e le paure sono per forza di cose diversi, ma la logica che li lega è la stessa: con creature abominevoli si descrivono i nostri timori sul mondo e sulle persone.
Così i protagonisti (e gli antagonisti) dei film horror, thriller e fantascientifici altro non sono che versioni contemporanee dei draghi e dei demoni dei quali hanno parlano Venanzio Fortunato e Michele Psellos.