Dal Commodore 64 per giocare a tennis in 2d ai personal computer che hanno reso il giornalismo un prodotto fruibile in tutto il mondo.
Dalle lettere, la corsa alla cassetta delle lettere per imbucare entro le 12:00 una busta prima che il postino passasse, alle mail, per accorciare i tempi di attesa per una risposta. “Si stava bene quando si stava peggio”?
Ricordo, quando ero piccola, che mio padre non mi permetteva mai di avvicinarmi a quella enorme macchina sulla scrivania. Ai tempi non sapevo cosa fosse ma, vedendo mio padre scrivere, scrivere e scrivere per ore, non facevo altro che sognare di diventare come lui. Anzi, di giocare a scrivere sulla tastiera del suo computer. Lo vedevo, più che altro, come un divertente gioco. Un ritmato ticchettìo, tanto che, alcune volte, mi sedevo di fianco a lui e battevo le mani, quasi stesse tamburellando una divertente musica.
Poi ho scoperto cosa fosse: il computer, una macchina da scrivere digitale con cui potevo anche giocare a Tetris. Sicuramente i suoi numerosi veti erano proprio per quel motivo, non perdere tempo sulla consolle ma, piuttosto, trascorrere più tempo a leggere uno dei mille titoli esposti nella libreria di casa.
Mio padre, ai tempi, era un giornalista e ricordo che dopo “la musica sulla tastiera”, inseriva un dischetto quadrato, con i bordi argentati, salvava il lavoro svolto e lo portava in redazione.
Erano i primi anni ’90 ed avevo scoperto il personal computer. Mai mi sarei aspettata che vent’anni dopo, sarei diventata un po’ come lui, ma senza floppy disk.
A volte mi capita di navigare sui siti di compravendita per cercare una di quelle macchine, in ricordo dei vecchi tempi e non c’è momento in cui non mi chieda se tutta questa semplicità nel fare le cose non sia un male.
Attualmente, nel mio lavoro sul web, i passaggi sono scanditi da alcuni momenti: scrittura articolo, editing dell’articolo, ricerca foto, selezione foto, salvataggio ed invio. Mosse da niente per questo secolo, ma spesso fonte di gravissimi errori. Il fatto che la tecnologia abbia reso il lavoro più semplice, ha esposto la maggior parte degli operatori del web ad una graduale perdita di contenuto. Scrivere un articolo negli anni ’90 non era un’impresa semplice: la rete internet non era presente in molte case e, nelle poche fortunate, ogni squillo del telefono fisso era un’agonia. Rete che saltava, che tardava a ripartire, connessione debole e difficoltà nel reperire informazioni.
Oggi, la scelta delle fonti, è a portata di click, poichè molte istituzioni hanno reso pubblici i propri archivi; anche le università hanno permesso il download di libri in pdf e di documenti.
Ricordo che negli anni ’90 era quasi una abitudine per gli scrittori, abbonarsi ad alcune case editrici che inviavano puntualmente le nuove uscite, in modo tale da essere sempre sul pezzo e, quasi tutti possiedono ancora oggi una enciclopedia in più volumi, frutto di grossi investimenti nell’epoca del commodor.
Ogni floppy permetteva di salvare una o due bozze di articoli e, quando una estate decisi di usufruire di quel pc per scrivere il mio primo racconto, arrivata alla 100esima pagina, mi resi conto che un file con testo, piccole immagini e caratteri speciali, risultava troppo pesante per un floppy e dovetti dividerlo in più puntate, numerando i dischetti per non perdere l’ordine cronologico di ciò che avevo scritto.
Avevo 15 anni quando i miei portarono in casa il primo pc fisso con un sistema operativo targato ‘2000: la lotta del floppy diventò quella al cd. Bisognava scegliere accuratamente la macchina da acquistare, facendo attenzione che ci fosse lo slot per masterizzare, così da poter archiviare, oltre ai racconti ed agli articoli, anche tutti i propri ricordi come foto, video, canzoni del cuore… Ma era ancora così vicino il periodo della carta, da non farci rendere realmente conto del grande salto nel vuoto che ci si stava accingendo a compiere.
Da lì a poco, quasi tutte le case disponevano di un modem, quasi ogni casa possedeva un pc, chi per lavoro, chi per passare alcune ore in totale relax concedendosi sessioni di Pinball o di Campo Minato. Io mi stavo approcciando al giornalismo nel vero senso della parola e necessitavo di un sistema che mi permettesse di ottenere tutte le informazioni utili a scrivere degli elaborati degni di essere pubblicati. Però internet no. Internet in casa mia non poteva entrare ancora, avrei rischiato di lasciarmi trascinare dal turbinio di luci, colori, suoni e parole della rete e non avrei più letto libri. Avrei rischiato di far perdere qualità a ciò che scrivevo. I miei genitori mi hanno insegnato che nulla può essere semplice quando si lavora per ottenere qualcosa. Quindi la tecnologia non poteva ancora entrare a far parte della mia vita.
Continuai ad inviare i miei articoli via posta ordinaria, pregando ogni giorno che quella lettera arrivasse a destinazione “sana e salva”, che squillasse il telefono per informarmi della ricezione dei miei scritti. Ed ora, scrivendo della mia esperienza dal mio portatile, non posso che ringraziare i 18 anni della mia vita “fuori dal mondo”. Oggi non sarei, sicuramente, in grado di scrivere un articolo munendomi di tutte le tessere delle biblioteche d’Italia per reperire informazioni, circondandomi di libri e sudando sulla tastiera ad ogni parola scritta.
Perchè, senza Internet, le possibilità di correzione dell’articolo erano davvero nulle, non avendo la possibilità di girarlo in redazione in tempi brevi. Se Internet cessasse di esistere da un istante all’altro, forse molti mestieri legati alla correzione delle bozze scomparirebbero.
La tecnologia ha contribuito ad un progresso positivo sotto molti settori ed aspetti della vita, ma, ci ha reso anche persone abituate ad avere tutto ciò di cui abbiamo bisogno sotto mano, spesso, facendoci perdere il senso del dovere e del sacrificio.
Albert Einstein affermava che ” Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno”. Mi auguro che tante consuetudini dei miei tempi tornino, pian piano a fare capolino nella nostra vita “moderna”, a porci problemi che ci permettano di ingegnare la propria mente al punto tale da far tirare fuori la creatività che è insita dentro di noi.