’Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ’l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterna duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’.
Queste sono le parole che trova scritte Dante Alighieri sull’iscrizione all’ingresso dell’Inferno, che lui descrive nel Canto III della “Divina Commedia”.
Primo delle tre cantiche descritte nel capolavoro del poeta fiorentino, l’Inferno è il luogo della miseria morale in cui versa l’umanità decaduta, privata ormai della Grazia divina capace di illuminare le azioni degli uomini.
Una profonda cavità a forma di imbuto che si apre sotto Gerusalemme e raggiunge il centro della Terra, proprio come un cratere situato in Turkmenistan, chiamato Darvaza, ma ribattezzato da turisti e gente del posto, appunto, “La porta dell’Inferno”.
Alla scoperta della “Porta dell’Inferno”
Come accennato sopra, il Darvaza (termine che che in turkmenistano significa, strano ma vero, “porta” è una voragine situata in prossimità del villaggio piccolo villaggio di Derweze, a circa 260 km a nord di Ashgabat.
Si tratta di un enorme cratere di 100 metri di diametro che arde ininterrottamente, tanto che il suo bagliore è visibile anche a distanza di chilometri. Ciò lo rende dal 2009 un’ attrazione turistica per milioni di persone.
Una meraviglia della natura direte voi, e invece no, perché dietro a questo “spettacolo di fuoco” vi è una mano umana.
Il cratere infatti, è frutto di un errore compiuto nel 1971 da un team di ricercatori e geologi sovietici, i quali ubicarono una piattaforma di perforazione nella zona in cerca di petrolio, di cui quella regione era ricca.
Tale costruzione causò il crollo del terreno sottostante una caverna piena di gas naturale, generando una voragine che inghiottì i ricercatori e le attrezzature, ma soprattutto generò un’enorme nube di gas.
Per prevenire una potenziale intossicazione delle popolazioni vicine, venne dato fuoco alla caverna.
Un fuoco che a distanza di quasi 48 anni non si è mai spento e continua a bruciare.
Questo strano ed affascinante ha reso il cratere non solo un’enorme attrazione turistica, ma oggetto di studio e spedizioni di ricerca: la prima risale al 2013, ad opera dell’ esploratore George Kourounis, il quale riscontrò, in campioni di terreno la presenza di batteri che sopravvivevano nonostante le condizioni estreme di temperatura.
Nessuno sa quanto gas sia bruciato finora, né per quanto tempo ancora continuerà a bruciare. Quel che è certo è che la “Porta dell’Inferno” resta comunque uno spettacolo unico da non perdere.
SITOGRAFIA:
https://siviaggia.it/posti-incredibili/porta-inferno-lincredibile-storia/179403/
https://www.archetravel.com/viaggi/tour-turkmenistan-la-porta-dell-inferno/