Genova e Fabrizio de Andrè. Una è un’importante città italiana, l’altro uno dei più importanti artisti del ‘900.
Genova e Fabrizio de Andrè sono legati da un filo evidente a tutti coloro che amano questo cantautore. La città non è stata soltanto il suo luogo natale, ma anche il soggetto primo delle sue canzoni. Fabrizio de Andrè ha cantato gli ultimi, gli emarginati, le prostitute, i marinai, e in questo modo ha affrescato il ritratto di una Genova nascosta, autentica, popolare, e per questo indimenticabile. Una Genova amata, vissuta, fatta di stretti carrugi e piccole piazze, ma anche di dialetti, colori, mare e personaggi unici. Una città resa poesia dalle canzoni d’amore e di rivoluzione, ma anche di contrabbando e di degrado, che pochi, oltre a de Andrè hanno saputo comporre.
Poiché il filo tra il cantautore e la città è così solido, sono molti i luoghi a Genova dove si può respirare ancora la presenza di Faber.
Ecco dunque un itinerario per scoprire la Genova di Fabrizio de Andrè.
Quartiere di Pegli.
Qui, in via De Nicolay 12, si trova la sua casa natale. C’è una targa che lo ricorda e di sicuro è un buon posto per iniziare il vostro viaggio sulle sue tracce.
Villa Saluzzo Bombrini, nel quartiere di Albaro
Fabrizio de Andrè visse per alcuni anni in questa villa, soprannominata “Il Paradiso”. L’edificio è una villa storica e nobiliare costruita nell’XVI secolo , che può raccontare parecchio della famiglia de Andrè. Forse meno del cantautore stesso, che spesso e volentieri ha inserito nei suoi testi aspre critiche nei confronti della borghesia e del suo bigottismo.
Corso Italia 6
Qui Fabrizio de Andrè abitò in gioventù, quando scrisse La canzone di Marinella. Per tantissimi italiani, ancora oggi, questo è un brano indimenticabile e capace di emozionare.
Questa è la tua canzone Marinella
Che sei volata in cielo su una stella
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
Vico dritto di Ponticello
Questo vicolo, oggi inglobato in Piazza Dante, è protagonista proprio di una canzone di Faber, A dumenega, cantata interamente in dialetto come omaggio alla città.
Via del Campo
Al civico 29 della via resa celebre proprio da un album di Fabrizio de Andrè, oggi si trova un museo a lui dedicato. Un tempo qui c’era un negozio di strumenti musicali, che apparteneva a Gianni Fassio, grande amico di Fabrizio, nonché definito il suo “tempio musicale”. Oggi, vi si celebra la sua memoria.
Il quartiere della Maddalena
In questo quartiere sono ambientate molte delle canzoni di Fabrizio de Andrè. Si trattava infatti di uno dei quartieri poveri di Genova, abitato da quegli ultimi che sono i protagonisti della musica di Faber. Qui inoltre, si trova la confetteria Romanengo, citata in Parlando del naufragio della London Valour come “la pasticceria di Via Roma”.
Il pasticcere di via Roma
Sta scendendo le scale
Ogni dozzina di gradini
Trova una mano da pestare
Ha una frusta giocattolo
Sotto l’abito da tè
I portici di Sottoripa
In quest’area, due sono i locali che hanno un solido legame con il cantautore genovese. Uno è il locale Ragno Verde, frequentato spesso da de Andrè insieme a Paolo Villaggio. L’altro è invece La Borsa di Arlecchino, che fu teatro delle prime esibizioni dell’artista.
Il teatro Carlo Felice
In questo teatro Fabrizio de Andrè tenne il suo famosissimo concerto di Natale, nel 1997. Ma qui si radunò anche una folla immensa, nel 1999, 20 anni fa, per dare l’ultimo saluto al cantautore, dimostrando l’affetto e la riconoscenza che la città e l’italia nutrivano nei suoi confronti.
Piazza Cavour
Qui, de Andrè registrò alcuni dei suoni del mercato che si sentono in Creuza de Ma. E qui termina anche la Via al Mare Fabrizio de Andrè, che la città gli dedicò nell’anno della sua scomparsa.
Quartiere di Sant’Ilario
In questo quartiere è ambientata invece la canzone che, insieme alla Canzone di Marinella, è forse la più celebre di Fabrizio de Andrè; si tratta di Bocca di Rosa. Nel quartiere si può vedere ancora la vecchia stazione, ormai in disuso, e la scultura che omaggia proprio la canzone.
Alla stazione c’erano tutti
Dal commissario al sacrestano
Alla stazione c’erano tutti
Con gli occhi rossi e il cappello in manoA salutare chi per un poco
Senza pretese, senza pretese
A salutare chi per un poco
Portò l’amore nel paeseC’era un cartello giallo
Con una scritta nera
Diceva “addio bocca di rosa
Con te se ne parte la primavera”