Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalì Domenech, marchese de Pubol, nonché maestro dei maestri, ”il divino”, l’Aristotele del Pennello, ”il genio”, meglio conosciuto come Salvador Dalì, frequentò una scuola d’arte e, nel 1918, durante una visita a Parigi, “scopri” la pittura moderna innamorandosene a prima vista.
La prima vera esposizione pubblica la fece nel 1919 al Teatro Municipale di Figueres, città in cui tutt’oggi è possibile respirare il genio di Dalì.
Era un eccellente disegnatore tecnico, famoso per le immagini suggestive presenti nelle sue opera surrealistiche. Evidenti nel suo tratto, risultano le influenze che ebbero su di lui i maestri del Rinascimento, tanto è che nelle opere dell’artista della Catalogna alcune tendenze, rimaste poi costanti, si ritrova l’impronta di Raffaello, Bronzino Vermer e Velazquez.
Quando gli veniva chiesto quando avesse scoperto di essere un genio, lui rispondeva: «Cominciai dicendolo. E a forza di dirlo lo sono diventato.» facendoci capire una volta in più la sua personalità eccentrica.
Fin dall’infanzia si manifestó in lui il genio artistico, ma come ogni bambino ha avuto le sue tentazioni: a sei anni voleva diventare cuoco, a dieci condottiero, come Napoleone.
I contemporanei che ammirava , ma che posizionava per importanza , sempre dietro di se erano Picasso, Mirò, Miralles, tutti spagnoli.
Antesignano dei tempi moderni, affiancava al suo enorme talento e una fervida immaginazione , il vezzo di assumere atteggiamenti stravaganti per attirare l’attenzione su di se.
Da sempre ha preferito essere considerato un incompreso, perchè anche questo lo rendeva misterioso e discusso .
Il surrealismo, e la permanenza negli Usa di Dalì
Esponente del surrealismo, Salvador Dalì dipinse nel 1931 una delle sue opere più celebri “La persistenza della memoria”: l’immagine di alcuni orologi che sono sul punto di liquefarsi. Questi rappresentano la memoria, che invecchiando, negli anni perde forza e resistenza.
Con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale i Dalì si trasferiscono negli Stati Uniti, dove vivranno per otto anni. In questo periodo l’artista si dedica alla scrittura di romanzi e sceneggiature cinematografiche.
Allo scadere del 1943 l’artista viene presentato per la seconda volta negli Stati Uniti , (la prima avvenne nel 1934 )dal mercante d’arte Julian Levi.
La esposizione Newyorkese non passo’ inosservata,creando subito molto interesse.
L’alta società a stelle e strisce lo accoglie organizzando uno speciale “Ballo in onore di Dalì”, al quale il maestro si presentò portando sul petto una scatola di vetro contenente un reggiseno.
Dalì e le sue non posizioni politiche
La maggior parte degli artisti surrealisti assunse posizioni politiche di sinistra, mentre Dalì si mantenne sempre ambiguo riguardo quello che considerava il giusto rapporto tra la politica e l’arte, a tal punto da venire accusato di difendere il ”nuovo” e l”irrazionale” Hitler, che l’artista respinse da subito sostenendo di non esserne un seguace.
Il suo non prendere posizione né contro né a favore, gli valse l’espulsione dal movimento surrealista. Non a caso amava ripetere che l’unica differenza tra lui e i surrealisti è che lui era un vero surrealista.
Il ritorno in Spagna
Agli inizi del 1949 Dalì tornò a vivere nella sua Catalogna, ma il reinserimento non fu dei più semplici: ricevette molte critiche proprio perchè rimase a latere rispetto alla dittatura del generale Franco, tanto che , si dice che il diffuso rifiuto delle ultime opere di Dalì da parte di alcuni critici d’arte, fosse da attribuirsi a ragioni politiche più che una valutazione artistica.
La sua fase creativa dagli inizi anni 50 , venne definita da lui stesso come una fase legata al Misticismo nucleare con opere come ‘La Madonna di Port-Lligat’ e ‘Corpus Hypercubus’.
Gli anni 80 segnarono la malattia sua e della moglie Gala: dopo il decesso della donna nel 1982, Dalì non si riprese più, provando più volte il suicidio. Morì il 23 gennaio 1989 a causa di un attacco di cuore, aveva 84 anni.
Alla domanda quanto vale un Dalì, la sua risposta è sempre stata :
«Non ha prezzo.»
I baffi, tratto distintivo di Dalì
Chiudo questo articolo ricordando l’origine dei suoi baffi che diventati un tratto inconfondibile e caratteristico del suo aspetto e che lo hanno reso ancor più riconoscibile in tutto il mondo: furono ispirati dal grande maestro del Seicento spagnolo, Diego Velazquez.